giovedì 16 gennaio 2014

Abiura del materialismo


"J'écrivais des silences, des nuits,
je notais l'inexprimable."
A. R.


Cosa cerca colui che vuol smettere di cercare?

Quale desiderio profondo ed inespresso - ma tanto più ardente quanto più calunniato e messo a tacere - spinge a conoscere per non sapersi? Di quale menzogna furono lastricati i sentieri di un'intenzione che trascende il proprio egoismo fino alla perdita di sé? Da quale volontà ancipite fummo mossi a cercare il nostro nepente nell'afrore dell'ebbrezza orgiastica e nel sopore dei sensi? 

A cosa mira il nemico di ogni finalità, e cosa vide Edipo nella sua cecità volontaria?

Noi - sempiterni impiccati affamati d'aria e incapaci a morire - sui quali il principium individuationis grava come una condanna; noi, Zagrei miserandi, rosi da una Sehnsucht incessante fino al limite estremo del cuore; noi, nichilisti passivi e pallidi décadents, in cui il compimento della metafisica si volge in spasimo di morte: in noi, mistici per elezione, che si scavi furiosamente verso profondità ctonie ed oscurità abissali o che, al contrario, ci si abbeveri ai raggi superni ed alla luce albicante -, in noi risuona una tradizione millenaria che, dalla sillaba vibratile dell'Om e dalla frusta del cupio dissolvi, rivive nella pistola alla tempia e nella danza leggiadra.