lunedì 27 febbraio 2012

Aesthetics of pain


"Elle m'étreint la gorge avec les pattes, 
et me suce le sang avec son ventre."


Le gocce stillavano regolari dal soffitto della cantina e scorrevano lungo le pareti marcescenti; la muffa si era formata negli angoli, ed il muschio si faceva prepotentemente strada fra le pietre. La luce obliqua che, dalla finestra in alto, squarciava il buio della cantina, colpiva in pieno volto un uomo di mezz'età: lunghi capelli disordinati scendevano lungo le spalle possenti ed incorniciavano il volto assieme ad una barba folta, ispida ma ben curata. Gli occhi, azzurri e luminosi, erano rivolti davanti a sé, come nel tentativo di focalizzare al meglio la sagoma che si profilava nell'oscurità. Il respiro, apparentemente regolare, tradiva di tanto in tanto una mal celata eccitazione che lo scuoteva violentemente e lo rendeva impaziente ed irrequieto, mentre pregustava il sapore di un piacere imminente; inspirando profondamente, inalava un acre odore di sangue che, sollevandosi greve dal terreno, saturava l'atmosfera della stanza e rendeva l'aria soffocante.

Osservò il luogo in cui si trovava, soffermandosi sui particolari che più attiravano la sua attenzione; il sangue - ancora caldo - scorreva copiosamente dal coltello a serramanico che stringeva nella mano destra ed andava ad accrescere la pozza di sangue che si stava disegnando sul pavimento. Un suono sordo, sommesso, un debole mugolio incrinò il parziale silenzio - se si eccettua il suono regolare delle gocce cadenti - della cantina e richiamò la sua attenzione; vide davanti a sé il corpo martoriato della vittima: lunghe cicatrici segnavano il volto e il torace scoperto, mentre nuovi tagli appena inferti pagavano il quotidiano tributo di sangue richiesto. 

Mosse alcuni passi in cerchio, ritardando il momento dell'azione, per acuire il desiderio e la conseguente soddisfazione; passò la lingua lungo la lama affilata ed assaporò con piacere il consueto gusto metallico che tanto lo eccitava. Chiuse gli occhi e, per guadagnare altro tempo, si mise a riflettere sulla natura della sua passione: egli non era come quei pazzi che provano un qualche perverso godimento sessuale nell'infliggere o subire dolore; il suo piacere era altro, era un piacere celeste, trascendente, che non poteva essere inquinato dallo squallore dell'animalità umana, un piacere paradisiaco, oltre lo spazio ed il tempo, oltre la sua stessa gretta e mediocre individualità, un piacere simile a quello che dovevano provare i Sufi durante le loro folli danze o gli asceti medievali nelle ineffabili unionibus mysticis.

Alfine si risolse nelle sue intenzioni.
Tastò nervosamente l'impugnatura del coltello; lentamente, con lo sguardo fisso davanti a sé, accostò la lama al collo della vittima e, scaricando tutta la tensione raccolta nelle braccia nerborute, lo recise di netto. Immediatamente gli si appannò la vista e, mentre il sangue schizzava furiosamente dalla sua carotide squarciata, irrorando il pavimento e il muro, perse l'equilibro e colpì lo specchio appeso alla parete difronte, che andò frantumandosi in mille affilate schegge.